LA COMUNICAZIONE UMANA

INDICE

1. Realtà continua e realtà discontinua

2. Comunicazione digitale e comunicazione analogica (verbale/paraverbale/non verbale)

3. I sei livelli per una comunicazione efficace

4. L'ascolto

5. Ascolto: punto di vista dell'Analisi Transazionale

6. Un pregiudizio culturale: l'ascolto è potere

7. Barriere nella comunicazione: la perdita d'informazione

8. I metaprogrammi nella comunicazione umana

9. Metaprogramma di avvicinamento/allontanamento

10. Metaprogramma di riferimento ego-centrato/etero-centrato

11. Metaprogramma di motivazione stimolata dalla necessità/possibilità





1. REALTA’ CONTINUA E REALTA’ DISCONTINUA

La realtà ha un andamento continuo, la mente umana, come il linguaggio, presenta, invece, una struttura discontinua. In questa differenza risiede una delle principali ragioni che impediscono a qualunque rappresentazione soggettiva della realtà di corrispondere esattamente alla realtà per quella che è. Ad esempio, la realtà che ci circonda rappresentata da una successione continua di sfumature di colore, ma il cervello umano ricava, entro determinati intervalli, sensazioni cromatiche identiche da radiazioni spettralmente differenti. E il linguaggio con cui trasmettiamo (ma anche elaboriamo e ricordiamo) l’esperienza, utilizza suddivisioni ancora più grossolane, attribuendo un nome unico ad un ventaglio, più o meno ampio, di sfumature percepite dal cervello come diverse.

Questo contrasto tra realtà continua e realtà discontinua esclude la possibilità che un aspetto del mondo reale venga percepito ( e tanto meno trasmesso) in maniera “pura”.




2. COMUNICAZIONE DIGITALE E COMUNICAZIONE ANALOGICA (VERBALE/PARAVERBALE/ NON VERBALE)

La comunicazione VERBALE viene definita DIGITALE (discontinua) in quanto le parole descrivono un più o meno ampio spettro di un certo aspetto della realtà. Ad esempio, se dico di essere “contento” con questa parola posso intendere varie sfumature di contentezza ( che vanno dall’essere soddisfatto all’essere felice). Anche precisando meglio il mio stato d’animo, magari aggiungendo altri dettagli, pur migliorando il “grado di discretizzazione”, non riuscirò mai a rappresentare esattamente la realtà per quella che è.


Il piano della comunicazione a livello di
  • come moviamo il corpo ;
  • espressioni del viso;
  • viene definito NON VERBALE, mentre la comunicazione che avviene a livello di

  • Uso della voce( tono, volume, pause, rapidità, ecc);
  • viene definita PARAVERBALE . La comunicazione non verbale e quella paraverbale rappresentano una COMUNICAZIONE ANALOGICA. Infatti, per quanto possiamo cercare di essere neutri,le informazioni che diamo attraverso i nostri gesti, atteggiamenti, movimenti, espressioni facciali, tono, volume, tempo e melodia della voce sono informazioni continue che descrivono esattamente il carattere di una persona e ne descrivono i suoi stati d’animo.


    Per dare un’idea di quanto sia importante la comunicazione non verbale, basti pensare che essa rappresenta il 93% dell’intera comunicazione. In particolare:




    3. I SEI LIVELLI PER UNA COMUNICAZIONE COSTRUTTIVA

    Si possono distinguere sei livelli rispettando i quali si può ottenere una comunicazione costruttiva. In particolare:

      1) Percezione dell’aspetto NON VERBALE della comunicazione;
      2) Percezione dell’aspetto VERBALE della comunicazione;
      3) Ascolto: Comprendere il significato della comunicazione verbale (a volta sottinteso);
      4) Feed-back (dialogo): scambiare i punti di vista;
      5) Confronto: comparazione dei punti di vista;
      6) L’intesa: il superamento del disaccordo, la sinergia.

    Il terzo livello, cioè l’ascolto è un punto chiave della comunicazione.




    4. L'ASCOLTO

    L’ascolto si può dividere in tre livelli di efficacia:


    Ascolto passivo: chi ascolta a questo livello non presta alcuna attenzione al significato di quello che viene detto, anzi spesso pensa ad altro, magari pensa già a quello che deve dire dopo. Questi ultimi usano l’ascolto come semplice pretesto per parlare. La sintonizzazione su quello che viene detto avviene a scatti. Spesso lo sguardo è assente.


    Ascolto intermittente: chi ascolta a questo livello rimane alla superficie della comunicazione e non capisce i significati profondi di ciò che si dice. Esso cerca di sentire cosa sta dicendo chi parla, ma ascolta logicamente, essendo più interessati al contenuto che al sentimento che c’è dietro. In altre parole, essi rimangono emotivamente staccati dalla conversazione. L’ascolto a questo livello è pericoloso perché può facilmente portare ad incomprensioni.


    Ascolto empatico: A livello empatico, chi ascolta si astiene dal giudicare chi parla e si mette nei panni dell’altro, tentando di vedere le cose dal punto di vista dell’interlocutore. L’atteggiamento è consapevole, attento, presente. Si risponde e si conferma. Si sta attenti anche al linguaggio del corpo. In qualche modo si ”sospendono” i propri pensieri e si entra in empatia con i sentimenti dell’altro.


    Per verificare la propria capacità di ascolto si può effettuare un apposito test cliccando sul link qui di seguito

    TEST PER VALUTARE LA PROPRIA CAPACITA' DI ASCOLTO





    5. ASCOLTO: PUNTO DI VISTA DELL’ANALISI TRANSAZIONALE

    Per interpretare meglio la fase dell’ascolto si può anche far riferimento a ciò che l’analisi transazionale descrive a riguardo degli atteggiamenti che le persone attivano quando si confrontano tra loro. Questi atteggiamenti possono riassumersi in quattro combinazioni di “posizioni esistenziali” :

     

    IO

    ALTRO

    1 + io sono OK + Tu sei OK
    2 + io sono OK - Tu NON sei OK
    3 - Io NON sono OK + Tu sei OK
    4 - Io NON sono OK - Tu NON sei OK

    L’atteggiamento + + è del tipo: “Accetto me, accetto l’altro, qual è il problema? Risolviamolo”. E’ un atteggiamento verso la vita a connotazione realistica, positiva, concreta.

    L’atteggiamento + - è caratterizzato da una supervalutazione di sé e dalla devalorizzazione dell’altro: “E’ tutta colpa tua”, e rivela un atteggiamento verso la vita improntato all’aggressività, alla ricerca del potere.

    L’atteggiamento - + è caratterizzato dalla devalorizzazione di se e dalla supervalutazione dell’altro: “E’ tutta colpa mia!”, e presuppone una dipendenza dall’altro ritenuto più forte, più potente.

    L’atteggiamento - - presuppone una devalorizzazione di se e dell’altro: “Non si può fare niente”. Rappresenta la sfera della rassegnazione e della depressione.

    LE CARATTERISTICHE DELLE QUATTRO POSIZIONI OK

    Non OK - Non OK OK - OK
    • Scarsa stima di sé
    • "lo non ho alcun diritto; e nemmeno tu"
    • "lo non valgo nulla; e nemmeno tu"
    • Non ha speranze, è vendicativo
    • Senso di inutilità; non ha motivi per vivere
    • "Non c'è nulla da fare"
    • Abulico e apatico; rassegnato all'infelicità; antisociale, violento
    • Vive nel timore di essere licenziato, trasferito, punito.
    • Incolpa tutto e tutti dei suoi problemi, delle sue frustrazioni e dei suoi comportamenti
    • Grande stima di sé
    • Non giudica
    • Accetta sé e gli altri
    • Realistiche aspettative da sé e dagli altri
    • Fiducioso; ha rispetto di sé e degli altri
    • È un vincitore; ha sense of humour
    • Ascolta con partecipazione
    • Flessibile, versatile
    • Comunicazione aperta, diretta, chiara, pronta al dialogo
    • Pronto a dare e ricevere "sollecitazioni"
    • Atteggiamento positivo nei confronti propri e degli altri
    • Comprensivo, tollerante, ottimista
    • Disponibile
    • Gode di buona salute
    • Prova gioia, contentezza
    • Osserva il comportamento altrui senza giudicare ed etichettare
    • Risolve i problemi in maniera vincente
    Non OK - OK OK - Non OK
    • Scarsa stima di sé
    • "Tu hai tutti i diritti; io nessuno"
    • "La mia vita non vale quanto la tua"
    • Si sente a disagio quando viene complimentato o riceve "sollecitazioni" positive
    • Ritiene meritata la sfiducia degli altri
    • Si sente a disagio in società
    • Si sente incapace, in colpa, male accettato, inferiore, alla altrui mercé
    • È depresso, ansioso, autocritico, sottomesso, pieno di scuse, timoroso, timido, silenzioso, appartato
    • Guarda più agli interessi degli altri che ai propri
    • Si preoccupa di quel che possono pensare gli altri di lui
    • Grande stima di sé
    • "lo ho tutti i diritti; tu nessuno"
    • Esigente, arrogante, ipercritico
    • Invadente, prepotente, caparbio
    • Si sente superiore
    • Giudica in maniera manichea: buono/cattivo; male/bene
    • Laborioso, concreto, pronto ad assumersi ogni incarico Competitivo, impaziente
    • Minaccioso, combattivo, attaccabrighe
    • Ama circondarsi di yes-man
    • Irritabile, si sente frustrato
    • Soggetto a stress e tensioni
    • Disturbi fisici
    • Autoritario

    Tabella estratta dal “Capire chi ti sta di fronte – Cucchi/Grassi”


    Definiti gli atteggiamenti esistenziali base, vediamo ora come ci si pone all'ascolto nei diversi casi


    ASCOLTO NEL CASO "IO SONO OK - TU NON SEI OK"
    • Non vede l’ora che l’altro smetta di parlare per poter intervenire con giudizi e critiche;
    • E’ capace perfino di filtrare (non ascoltare) eventuali idee che non lo vedono d’accordo;
    • Tende a sovrapporsi alle parole dell’altro, dando l’impressione che solo lui dice cose sensate.

    Atteggiamento non verbale di ascolto:

    • Postura aggressiva;
    • Tono di voce aspro;
    • Labbra serrate;
    • Distacco;
    • Occhi fissi.

    ASCOLTO NEL CASO "IO NON SONO OK – TU SEI OK"
    • E’ concentrato su se stesso;
    • E’ preoccupato di se e di come farsi capire;
    • Durante le riunioni è riluttante a parlare perché crede che ciò che ha da dire sia stupido;
    • Ascolta in modo intermittente e passivo;

    Atteggiamento non verbale di ascolto:

    • Parlata lenta e stringata;
    • Si lascia interrompere;
    • Tono di voce sommesso;
    • Occhi abbassati;
    • Gesti nervosi (tipo sfregarsi le mani).

    ACOLTO NEL CASO "IO NON SONO OK – TU NON SEI OK"
    • Ascoltano con poco interesse;
    • Lasciano scivolare le parole su se stessi senza avere spesso reazioni;
    • Se intervengono lo fanno spesso interrompendo l’altro e lo fanno solo per criticare e giudicare negativamente;

    Atteggiamento non verbale di ascolto:

    • Sguardo assente;
    • Tono che oscilla tra l’aspro e il sottomesso;
    • Si lascia interrompere ma a sua volta può interrompere;
    • Postura che oscilla dal remissivo all’aggressivo.

    ACOLTO NEL CASO "IO NON SONO OK – TU NON SEI OK"
    • Ascolta con interesse immedesimandosi completamente nell’interlocutore;
    • Non interrompe, anzi stimola l’altro a parlare facendo domande “soft” cioè senza essere invadente;
    • Da consigli solo se gli vengono richiesti;

    Atteggiamento non verbale di ascolto:

    • Lo sguardo è sempre rivolto all’altro;
    • La postura è rilassata;
    • Fa piccoli cenni di assenso con la testa e modula l’espressione del viso in sintonia con i sentimenti dell’altro.

    Cliccando il link qui di seguito potete fare un test di autovalutazione della vostra posizione esistenziale

    TEST POSIZIONE ESISTENZIALE





    6. UN PREGIUDIZIO CULTURALE: L’ ASCOLTO E’ POTERE

    Senza scendere nei dettagli dei precedenti paragrafi, possiamo riassumere le cause di un cattivo ascolto in due fattori principali:

    Precisiamo meglio il secondo punto. Il parlare è in genere usato per acquisire potere:

    La resistenza all’ascolto sembra essere una nostra norma culturale. In realtà prima di parlare dovremmo ascoltare, proprio per essere maggiormente efficaci nel momento in cui siamo noi a prendere la parola. I politici devono ascoltare i bisogni dei loro potenziali elettori. I venditori devono conoscere i bisogni dei loro clienti per poi poter impostare un’adeguata strategia di vendita. Solo chi sa ascoltare può davvero acquisire potere




    7. BARRIERE NELLA COMUNICAZIONE: LA PERDITA D’INFORMAZIONE

    Abbiamo visto che il cattivo ascolto è una barriera alla buona comunicazione. Anche Il linguaggio, che per quanto forbito, non potendo rappresentare completamente il nostro pensiero, rappresenta una barriera. Esistono però altri fattori che producono una perdita d’informazione.  Tali perdite avvengono fondamentalmente in tre fasi:



    Possiamo, a tal proposito, costruire uno schema esemplificativo in cui viene riportata la percentuale d’informazione che rimane dopo ogni tappa del tragitto da trasmittente a ricevente:

    Quello che volevo dire:

    100%


    Quello che ho detto realmente:

    70%


    Quello che l’ascoltatore ha sentito:

    40%


    Quello che l’interlocutore ha compreso:

    20%

    Le percentuali riportate sono ovviamente indicative.  E’ chiaro che ogni comunicazione è un caso a se e si possono avere dei distinguo. In ogni modo, da esperimenti sul campo, gli ordini di grandezza riportati sono abbastanza vicini alla realtà. Esaminiamo meglio questo schema.

    QUELLO CHE VOLEVO DIRE - QUELLO CHE HO DETTO REALMENTE

    Sono perdite cosiddette di CODIFICA. Esse cioè sono perdite dovute:


    QUELLO CHE HO DETTO REALMENTE - QUELLO CHE L'ASCOLTATORE HA SENTITO

    Rientrano in questa zona i cosiddetti disturbi esterni. Infatti questa è la fase in cui, una volta inviato, il messaggio viaggia all’esterno della persona trasmittente e di quella ricevente (CANALE).

    Esempi di questi disturbi possono essere di tipo:


    QUELLO CHE L'ASCOLTATORE HA SENTITO - QUELLO CHE LASCOLTATORE HA COMPRESO

    Sono perdite do DECODIFICA. Esse sono dovute essenzialmente:





    8. I METAPROGRAMMI NELLA COMUNICAZIONE UMANA

    Ogni individuo elabora, con l’esperienza, alcuni schemi di comportamento standardizzati che gli consentono di accelerare i processi di selezione, organizzazione e valutazione degli input, nonché di reazione ad essi. Anche se l’esempio può apparire sgradevole, possiamo paragonare questa situazione a quella di un robot che è stato programmato a rispondere con una sequenza d’istruzioni a determinati input che gli pervengono. A queste strategie, tendenzialmente costanti nell’individuo, si è dato il nome di METAPROGRAMMI (o “meta strategie”). Se impariamo a conoscerli, “schiacciando i tasti giusti” possiamo ottenere in chi ci sta di fronte le reazioni che vogliamo. Limitiamoci, per ora, all’aspetto della comunicazione. Per comunicare efficacemente, è molto utile imparare ad individuare i metaprogrammi dell’interlocutore e strutturare in base ad essi il proprio messaggio

    Nota: una metastrategia, anche se prevalente, raramente è esclusiva (come un destrorso, occasionalmente può usare anche la sinistra per compiere determinati compiti)

    Nota: è sempre molto facile commettere l’errore di usare il proprio modello per impostare la comunicazione (proiezione) piuttosto che individuare il metamodello dell’interlocutore ed impostare la comunicazione facendo riferimento ad esso

    Prima di avviare una comunicazione con un interlocutore è sempre opportuno estrarre prima i suoi metamodelli. Per far ciò è importante fare molta attenzione a ciò che questo interlocutore dice e possibilmente fare delle domande di “esplorazione”. Nel proseguo studieremo in dettaglio i seguenti metaprogrammi:





    9. METAPROGRAMMA DI AVVICINAMENTO/ALLONTANAMENTO

    Ogni comportamento umano si basa sul desiderio di provare piacere oppure sull’impulso di evitare dolore.

    Alcune persone considerano il primo obiettivo primario e tendono ad orientare (consapevolmente o no) la propria esistenza ricercando esperienze piacevoli. In tal caso abbiamo un

    MOVIMENTO PER RAGGIUNGERE TRAGUARDI

    ltre persone, al contrario, focalizzano la propria attenzione sui rischi e agiscono preoccupandosi di tenersi lontano da situazioni spiacevoli. In tal caso abbiamo un

    MOVIMENTO PER ALLONTANARSI DAI RISCHI

    Esempio: una persona può cambiare lavoro perché spinta dall’idea di trovare nuove opportunità e soddisfazioni (avvicinamento al piacere) oppure, al contrario, perché sente che quell’impiego non le dà più sufficienti garanzie, l’annoia o l’angoscia (allontanamento dal dolore).


    CON PERSONE CHE PREDILIGONO L'AVVICINAMETO MPOSTARE LA COMUNICAZIONE EVIDENZIANDO I LATI POSITIVI CHE DERIVINO DA UNA SCELTA O COMPORTAMENTO;
    CON PERSONE CHE PREDILIGONO L'ALLONTANAMENTO IMPOSTARE LA COMUNICAZIONE EVIDENZIANDO I RISCHI CHE SI CORREREBBERO SE NON SI FACESSE UNA CERTA SCELTA O SE NON SI SEGUISSE UN CERTO COMPORTAMENTO;


    In realtà non esiste una regola ben precisa per cui ognuno di noi predilige, in ogni situazione, l’avvicinamento o l’allontanamento.  A volte può dipendere dal contesto in cui ci si trova. In particolare, nel mondo del lavoro è il ruolo che si occupa all’interno dell’azienda ad influenzare la nostra preferenza per il tipo di metaprogramma. Vediamo, ad esempio, quello che accade nel mondo dell’abbigliamento. Lo stilista è fondamentalmente  una persona portata all’innovazione e che ricerca nel prodotto da utilizzare un qualcosa di diverso dal solito. In altre parole, lo stilista da poca importanza ai fattori di rischio e da invece molta importanza ai fattori di cambiamento. Viceversa, chi si occupa dell’acquisto dei materiali, ha la tendenza a privilegiare fornitori e materiali già collaudati, riducendo quindi le probabilità di rischio dovute al cambiamento. In questi casi, il  venditore bravo, con lo stilista tende a mettere in risalto i lati innovativi del suo prodotto, mentre con il Responsabile degli Acquisti privilegia il lato “affidabilità” dell’azienda che rappresenta, magari facendo un elenco di altri clienti importanti che già acquistano da loro.


    Al di là del nostro esempio,  come già premesso, quando non si ha la minima idea del metaprogramma di chi ci sta di fronte, è bene sondare il campo con delle domande, dette per tale motivo  “di estrazione”.


    Esempi di domande d’estrazione del metaprogramma avvicinamento/allontanamento:
    • “Che cosa speri di ottenere con questa esperienza/comportamento?”
    • “Perché hai fatto questa scelta?”




    10. METAPROGRAMMA DI RIFERIMENTO EGO-CENTRATO / ETERO-CENTRATO

    Come facciamo a sapere se un lavoro è ben fatto o un comportamento è appropriato? Alcuni hanno bisogno di conferme esterne(datore di lavoro, colleghi, famigliari, gratifica economica) , altri invece trovano la risposta  al loro interno (sanno di aver fatto la cosa nel migliore dei modi e quello che pensano gli altri è poco importante).



    CON PERSONE ETERO-CENTRATE

    SONO FACILMENTE INFLUENZABILI E PRENDONO LE LORO DECISIONI IN BASE ALL’OPINIONE ALTRUI;

    Esempio 1: “Guardi questo è il modello più venduto. Se è così un motivo ci sarà. “

    Esempio 2: “Prenda questo oggetto per i suoi amici. Sono sicuro che, se sua moglie fosse qui, approverebbe”

    CON PERSONE EGO-CENTRATE

    LA COMUNICAZIONE PIENA DI CONSIGLI, INDICAZIONI E SUGGERIMENTI PERSONALI PUO’ ANCHE ESSERE ASCOLTATA ( A VOLTE CON FASTIDIO) MA DIFFICILMENTE PUO’ INFLUENZARE LA DECISIONE FINALE DEL’INTERLOCUTORE CHE SI RISERVA SEMPRE LA DECISIONE FINALE. PER CONVINCERLI FAR RIFERIMENTO  ALLE LORO STESSE ESPERIENZE O A FRASI DETTE DA LORO.

    Esempio 1:“lo so che a te sembra pericoloso, ma non dici tu stesso che a volte bisogna essere intraprendenti?”

    Esempio 2: “E’ vero, l’auto è costosa ma non dici sempre che la qualità si paga? E poi non hai già un’auto della stessa casa automobilistica? Sicuramente, se hai fatto questa scelta è perché sai che questa è una buona auto” (tra le righe: “vuoi smentire te stesso con una scelta differente?”)


    Anche a riguardo di questo metamodello, come nel precedente, non è detto che non ci siano persone che sono fondamentalmente EGO-CENTRATE ma che in alcuni casi diventano ETERO-CENTRATE (o viceversa). Inoltre, all’interno di uno stesso metamodello, si possono distingue dei sottocasi. Ad esempio ci sono persone alle quali sono necessarie molte conferme esterne per sentirsi certi di fare o di aver fatto la cosa giusta. Viceversa, ci sono persone a cui sono sufficienti poche conferme, giusto per avere assicurazione sulla giustezza del proprio pensiero


    Esempi di domande d’estrazione del metaprogramma etero-centrato/ego-centrato:
    • “Come fai a sapere che quella tua scelta è stata giusta?”
    • “Ti sei consigliato con qualcuno prima di prendere quella decisione?”




    11. METAPROGRAMMA DI MOTIVAZIONE STIMOLATA DALLA NECESSITA’/POSSIBILITA’

    Alcune persone sono motivate principalmente dalla necessità e focalizzano la loro attenzione su quello che bisogna fare. Altre sono motivate dalla possibilità e vivono nella costante ricerca di nuove sfide e di nuove esperienze.

    LE PERSONE MOTIVATE DALLA NECESSITA’ SONO TENDENZIALMENTE:

    Frasi tipiche: “si deve …” , “ è necessario….”


    LE PERSONE MOTIVATE DALLA POSSIBILITA’ SONO TENDENZIALMENTE:

    Frasi tipiche: “ va bene, però….”, “perché non proviamo anche…".

    Vediamo come comunicare con questi due tipi di persone:

    CON PERSONE MOTIVATE DALLA NECESSITA’

    SONO PERSONE CHE PUNTANO ALLE SODDISFAZIONE DELLE ESIGENZE, DI CIO’ CHE E’ NECESSARIO

    Esempio 1: “Per poter continuare il lavoro in modo ottimale nella sua azienda è necessario avere nuovi computers affidabili, che non la piantino in asso nel momento del maggior bisogno”

    Esempio 2: “E’ proprio necessario che tu venga. Una persona nella tua posizione non può mancare….”

    Esempio 3: “ E’ necessario che tu termini questo lavoro entro fine settimana altrimenti avremo sicuramente dei problemi”

    CON PERSONE MOTIVATE DALLA POSSIBILITA’

    SONO PERSONE CHE PUNTANO AL NUOVO, ALLA NOVITA’, E SONO ALLA CONTINUA RICERCA DI QUALCOSA DI MEGLIO…

    Esempio 1: “ Pensi alle nuove applicazioni possibili con questi nuovi computers. Pensi alla possibilità di poter installare i software e i gestionali più recenti, la possibilità di fare anche elaborazioni grafiche….”

    Esempio 2: “E’ importante che tu venga. Avresti modo di verificare gli ultimi sviluppi nel settore. Inoltre sono presenti molte persone che sarebbe bene tu conoscessi. Non si sa mai nella vita….”

    Esempio 3: “Se riesci a terminare questo lavoro per il fine settimana, la prossima avrai il tempo per studiare un nuovo progetto che ho in mente di farti seguire…”


    Esempi di domande d’estrazione del metaprogramma necesità/possibilità:
    • “Che cosa cerchi in un lavoro?”
    • “Che cosa speri di ottenere con quell’azione?”